Questo modo di ragionare però taglia fuori tutta una serie di runner principianti, di persone che corrono solo per il piacere di farlo e di persone che vogliono iniziare a correre dal porsi il problema se dovrebbero seguire allenamenti strutturati o meno. Molti pensano di no, io dico di sì e anzi aggiungo che proprio per chi non ha grande esperienza nella corsa affidarsi ad un programma di allenamento serio è fondamentale per evitare errori e ottenere i primi importanti risultati, entrambi aspetti che potranno fare la differenza nel modo in cui il runner continuerà ad approcciare la corsa e nella soddisfazione che ricaverà da questa pratica.
In questo articolo voglio parlare dunque di allenamento e programmazione, sottolineando e spiegando perché sia una componente importante per runner di ogni livello, dagli amatori ai professionisti, e come dovrebbe anche evolvere e cambiare a seconda dei nostri obiettivi ed esperienza.
L’allenamento e la programmazione dal passato ad oggi
Sebbene l’approccio più scientifico all’allenamento per la corsa sia piuttosto recente, possiamo ritrovare i primi esempi di consigli per l’allenamento (anche se magari non una vera e propria programmazione) già nell’antica Grecia, dove allenatori, atleti, medici e persino filosofi del tempo dispensano consigli su come allenarsi, cosa mangiare, regole legate all’etica e all’equilibrio che un atleta doveva mantenere per poter emergere in gara.
Milone di Crotone, famoso lottatore del mondo antico e vincitore per ben 7 volte dei giochi olimpici, si narra che avesse allenato la sua forza trasportando tutti i giorni un vitello sulle spalle. Man mano che il vitello cresceva e diventava adulto cresceva anche la forza di Milone, fino a permettergli di portare sulle spalle un toro.

Filostrato, circa 300 AC, nel suo testo “Γυμναστικός” (“Gymnastikos”) ci parla (e critica aspramente) di una tipologia di allenamento del tempo: la tetrad. Si trattava in sostanza di rigidi cicli di allenamento di 4 giorni, dove il primo era dedicato alla preparazione, con sessioni brevi ad alta intensità, il secondo ad allenamenti lunghi ed estenuanti, il terzo al recupero e il quarto ad allenamenti di media intensità. Se ti stai chiedendo perché Filostrato lo criticasse è perché riteneva che un programma di allenamento dovesse essere flessibile e studiato dall’allenatore sulla base dell’atleta, nonché adattato a seconda delle necessità. A supporto di questa sua teoria riporta anche il caso di un atleta morto per lo sforzo proprio perché l’allenatore non gli ha concesso un giorno più leggero quando ne aveva bisogno.
Gli esempi e le storie potrebbero continuare, ma ho voluto citare questi solo per dimostrare come già più di 2000 anni fa vi era già uno studio e un senso della programmazione e dell’efficacia di un certo tipo di allenamento in ciò che facevano gli atleti del tempo.
Questo perché si era evidentemente già compreso che le prestazioni migliori non potevano essere improvvisate, soprattutto se l’atleta voleva essere longevo e mantenere la sua prestanza fisica nel tempo.
Dai tempi delle Olimpiadi antiche a oggi la tabelle di allenamento si sono certamente molto raffinate, potendo godere di migliaia di anni di prove ed errori, anche se certi principi di base sono rimasti fondamentalmente gli stessi, e non potrebbe essere altrimenti visto che il corpo umano è sempre lo stesso.
Facciamo un salto avanti di qualche tempo per andare nel 1800, epoca dove famosi erano i Pedestrians, atleti che si cimentavano in gare di corsa e camminata sulle più varie distanze, vincendo premi in denaro in caso di successo. È forse uno dei primi esempi che abbiamo di competizioni di corsa/camminata dove ci fosse del denaro in palio e probabilmente l’origine del professionismo come lo intendiamo noi oggi. Il denaro faceva gola a tutti ma in pochi erano in grado di sostenere le prove richieste da certe competizioni di Pedestrianism.

Quando ci si avvicina ad una competizione di Pedestrianism, l’allenamento quotidiano può andare dalle 20 alle 24 miglia al giorno.
Bisogna alzarsi alle cinque del mattino:
- Correre per mezzo miglio in collina alla velocità massima.
- Camminare per 6 miglia a passo moderato.
- Fare colazione alle 7 del mattino (bistecca di manzo/montone con pane raffermo e birra).
- Camminare per 6 miglia a passo moderato.
- Sdraiarsi a letto senza vestiti per 1 ora.
- Camminare per 4 miglia.
- Cenare alle 4 del pomeriggio (bistecca di manzo/montone con pane raffermo e birra).
- Subito dopo cena, correre per mezzo miglio alla massima velocità.
- Camminare per 6 miglia a passo moderato.
- A letto alle 8 e il giorno dopo si ripete il tutto.

Al di là dei commenti che si possono fare su questo regime di allenamento, è interessante notare come Barclay oltre che all’allenamento fisico poneva molta attenzione anche alla dieta (anche se sono sicuro che molti nutrizionisti odierni non sarebbero d’accordo con i suoi consigli) e al recupero (9 ore di sonno + riposo pomeridiano di un’ora). Un piano d’allenamento quello dei pedestrian che cominciava già ad assomigliare agli odierni programmi dedicati ai runner professionisti quindi.
Per concludere questo tuffo nel passato voglio poi citare un coach di corsa degli anni ‘50/60 da cui ho imparato molto, Arthur Lydiard. Sebbene anche lui come me credeva molto al fatto che un corridore dovesse imparare ad ascoltarsi e a correre a sensazione, Lydiard non disdegnava di dare indicazioni e programmi strutturati per l’allenamento che poi, come lui stesso sosteneva, dovevano però dimostrarsi flessibili per eventuali modifiche.

Lunedì: 1 ora di corsa aerobica
Martedì: 1 ora e mezza di corsa aerobica
Mercoledì: 1 ora di fartlek facile collinare
Giovedì: 1 ora e mezza di corsa aerobica
Venerdì: 1 ora di jogging
Sabato: 2 ore o più di corsa aerobica
Domenica: 1 ora e mezza di corsa aerobica
Certamente non un programma per tutti e infatti, lo ripeto, era riservato a maratoneti esperti, ma certamente un programma che pone l’enfasi sul creare una struttura che crei l’abitudine alla corsa e porti il runner a formare un’ottima base aerobica, che per Lydiard era fondamentale per poi passare ad allenamenti più qualitativi.
Dunque, dalla Grecia antica ad oggi, che cosa possiamo imparare sull’allenamento e la programmazione da alcuni degli atleti/coach migliori della storia?
Ti riassumo io le lezioni chiave.
Per ottenere il massimo dei risultati un programma di allenamento deve essere:
- Strutturato con un carico progressivo (come faceva Milo con il vitello)
- Poter essere modificato a seconda delle esigenze dell’atleta (la critica mossa da Filostrato)
- Prendere in considerazione anche gli aspetti non legati direttamente all’attività fisica (come faceva Barclay con la dieta e il recupero)
- “Costruire” partendo dalle qualità basiche e specifiche della sua disciplina (come consigliava Lydiard con la base aerobica per la corsa)
Chiariti questi punti tocca al runner/atleta fare il suo e metterci quello che forse è l’ingrediente più importante: la costanza. Nessun piano di allenamento infatti può funzionare se non viene seguito.
Vediamo allora come possiamo applicare quanto appena appreso alle diverse tipologie di runner.
L’importanza della giusta programmazione per ogni tipologia di runner
Sebbene abbiamo individuato alcuni principi chiave per la programmazione, è chiaro che diversi runner avranno diversi obiettivi, diversa esperienza e probabilmente tempo da dedicare ai propri allenamenti, per cui è bene distinguere bene di quale tipo di programmazione ciascun runner possa aver bisogno.
Le basi rimarranno le stesse ovviamente, ma ogni tipologia di runner necessiterà di avere un proprio approccio all’allenamento e alla programmazione. Vediamo qui dunque le 2 macro categorie principali.
La programmazione per il runner che corre per salute e benessere
La prima distinzione da fare è tra i runner il cui obiettivo primario è la performance e quelli che invece vogliono usare la corsa per altri scopi, come ad esempio migliorare forma fisica, salute e benessere, rilassarsi e combattere lo stress, migliorare la propria produttività e capacità di concentrazione, etc.
In questa prima categoria la programmazione sarà orientata su quelle che sono le basi della corsa, è infatti la tipologia di programmazione che consiglierei a tutti coloro decidano di avvicinarsi a questa pratica.
Qui si lavora sia su elementi come lo sviluppo del motore aerobico, che sulla tecnica, ma anche sulla forza funzionale, la mobilità, la respirazione, si cerca di dare al runner tutti gli elementi per costruire un corpo da corridore, un corpo che si possa permettere di correre, ma anche trasmettergli le diverse tipologie di allenamento e i loro scopi.
Allenandosi con costanza il corridore imparerà anche ad usare la corsa per scopi personali, per combattere lo stress, per stare meglio con se stesso e con gli altri, per diventare un essere umano migliore. In questo piano di allenamento metodologie come la corsa-camminata, la corsa aerobica e aerobica rigenerante saranno quelle principali in quanto in grado di unire l’allenamento fisico ai vantaggi dati dalla corsa in termini di salute fisica e mentale. Questa è il tipo di corsa che ritengo chiunque al mondo dovrebbe praticare, per tutta la vita.
Chiaramente come per ogni piano anche qui c’è una progressione degli allenamenti, un aumento di distanze e velocità, ma le priorità rimangono la condizione fisica e mentale del runner, il sentirsi bene dopo la corsa e l’uso della corsa stessa come uno strumento per il proprio miglioramento anche in altri campi.

La programmazione per il runner che corre per la performance
Rispetto al precedente, qui siamo quasi in un altro mondo. Quando il runner ricerca la performance come priorità dei propri allenamenti è chiaro che devono entrare in gioco tutta una serie di fattori che possano garantire il raggiungimento di tale performance entro il periodo o l’evento stabilito, ad esempio una gara.
Ricercare una performance può essere un ottimo stimolo per un runner amatore, ma è un qualcosa che consiglierei solo dopo aver passato un concreto periodo di tempo senza essere ossessionati dalle prestazioni, in quello che precedentemente ho chiamato correre per salute e benessere. Innanzitutto perché questo permette al corridore di godere dei diversi benefici della corsa, facendogli capire che non si tratta solo di correre più veloce e quindi mettendo nella giusta prospettiva tutto il discorso della performance. In secondo luogo perché ritengo che salute e benessere siano le vere e proprie basi della performance e che quest’ultima non potrà mai avvenire (o almeno non al massimo delle possibilità) se il runner prima non dedica il giusto tempo a formare delle solide basi, come una buona tecnica e un corpo che si possa permettere di correre.
Purtroppo quello che accade oggi è che molti runner fanno esattamente il contrario, iniziano dalla performance, andando da subito a ricercare distanza e velocità, e si accorgono dell’importanza delle basi solo dopo essersi infortunati o aver raggiunto un plateau.
Caratteristiche di un piano orientato alla performance sarà dunque la presenza di allenamenti maggiormente orientati alla qualità, faranno la loro comparsa tempo run, fartlek, allenamenti collinari, salite e discese, ripetute e altro, a seconda dell’obiettivo scelto.
Inoltre la distribuzione dei carichi e la tipologia di allenamenti dovrà essere tarata sulla base dell’evento definito, andando a riprodurre se possibile le condizioni della gara e a sviluppare nel runner le qualità necessarie per raggiungere il proprio obiettivo.
Qui diventa cruciale per il runner prestare attenzione anche ad aspetti collaterali alla corsa, come alimentazione e recupero, in quanto si sta facendo un lavoro che andrà progressivamente a mettere sempre più sotto stress il proprio corpo e pertanto il piano non avrà effetto se al corpo non sarà dato modo di recuperare nel modo giusto e non gli sarà data la giusta energia per rigenerarsi e diventare più forte.

Avere chiari i propri obiettivi
Alla fine molto di ciò che riguarda la giusta programmazione si riduce a questo, avere chiari i propri obiettivi nella corsa (affiancato chiaramente all’essere seguiti da un bravo coach ed essere costanti negli allenamenti). I piani di allenamento migliori sono quelli tarati sul giusto obiettivo e il giusto obiettivo è quello tarato sulle capacità attuali della persona. Se si vuole iniziare a correre non si può pensare di farlo scaricando da internet un piano per la mezza maratona, facendo un rapido e generico test sul km e o peggio inserendo il proprio tempo desiderato e allenarsi secondo i ritmi che ci vengono dati da un algoritmo su un sito. Questa è la ricetta per il disastro.
Nonostante migliaia di anni di esperienza c’è però ancora un nemico che non riusciamo sempre a sconfiggere: il nostro EGO. È lui il primo sabotatore dei nostri allenamenti, è lui che ci fa credere di poter saltare le tappe, di essere più forti degli altri, che siamo speciali e a noi gli infortuni che sono successi agli altri non accadranno. Mi dispiace dirtelo ma ti sta mentendo e forse è proprio questo il primo scopo di un programma di allenamento ben fatto, aiutarti a tenere a bada il tuo ego.
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