Parte #2: Allenamento e Preparazione
Nella prima parte (se te la sei persa clicca subito qui) il focus era sull’importanza della corsa per l’essere umano, su che cosa vuol dire davvero correre e sulla necessità di possedere una tecnica corretta e un corpo che si possa permettere di farlo al fine di padroneggiare questa nostra abilità. Qui proseguirò allora il nostro percorso nel metodo Correre Naturale andando a trattare il sempre molto discusso tema dell’allenamento del runner.
La combinazione di elementi che va a formare il metodo Correre Naturale, nonché garantirne l’efficacia, è assolutamente unica nel suo genere. Racchiude in sé anni di studio, ricerca, sperimentazione e confronto con i migliori esperti di movimento e preparatori al mondo e - ancora più importante - anni e anni di esperienza sul campo con migliaia di persone.
Volendo riassumere questo concetto per punti, che approfondirò poi in un articolo futuro, potremmo affermare che il mio metodo è basato su:
Lo studio e ricerca a livello storico, culturale e antropologico dell’uso della corsa dalle sue origini ad oggi.
Questo aspetto comprende l’attento studio e l’analisi di decine di testi su come la corsa sia stata usata e sfruttata nella storia dell’essere umano; dai corridori atleti e messaggeri dell’antica Grecia, ai runner sacri delle tribù dei Nativi americani, dalla corsa come forma di caccia di persistenza dei boscimani africani, o come religione in Giappone, fino chiaramente ai tempi odierni.
Io stesso ho viaggiato fino in Namibia per vivere con una tribù di boscimani e sperimentare e vedere con i miei occhi come corrono e come ancora oggi usano la corsa proprio come facevano i nostri antenati centinaia di migliaia di anni fa.

L'analisi delle metodologie di allenamento dei migliori coach del passato e del presente.
Un approccio scientifico a 360° che non dimentica mai di analizzare il tutto sotto l’ottica di biomeccanica, biologia, evoluzione.
Un background delle scienze motorie che mi ha permesso di comprendere l’aspetto più scientifico della corsa e del movimento
L'esperienza diretta con migliaia di persone, per la maggior parte amatori, che si sono affidati al metodo Correre Naturale

La mia esperienza e ricerca personale.
Tutto questo è nato da un’esigenza che io per primo avevo: trovare delle risposte sul perché mi ritrovavo ad essere continuamente infortunato. Non volevo credere a chi mi rispondeva che è “normale” o a chi mi dava soluzioni per il sintomo e non per la causa di quegli infortuni. Ho iniziato questo percorso alla ricerca di ciò che io stesso non avevo trovato nel mondo del movimento e delle corsa, alla ricerca di una soluzione e oggi posso dire di averla trovata.
La mia missione nella vita, quindi, è fare in modo che quanti più corridori al mondo possano approfittare dei benefici delle mie ricerche.
Sebbene, infatti, ci siano una serie di tecniche di allenamento che potremmo considerare universali e che quindi tutti dovrebbero praticare come base, ce ne sono altre che trovano il loro senso solo quando il runner ha raggiunto un certo livello di preparazione e se e solo se aspira ad ottenere dei risultati in termini di performance, cosa che non è scontata per tutti.
Un grande errore che vedo spesso fare è proprio quello di allenare nell’ottica della performance runner che non sono interessati a quello, o che prima di arrivare a quel livello dovrebbero passare mesi a creare una base. Ogni corridore è differente e ha esigenze differenti e il metodo di allenamento dovrebbe riflettere proprio questo.
In questo articolo vedremo allora come viene approcciato l’allenamento nel metodo Correre Naturale e quali sono gli elementi principali che lo compongono, così come le diverse metodologie, la respirazione e la costruzione di ciò che noi chiamiamo tachimetro interno.
L’Allenamento per la Corsa
Probabilmente le prime vere metodologie di allenamento risalgono alla Grecia, al tempo delle antiche Olimpiadi, ma chiaramente nessuno lo può sapere per certo. Ciò però che sappiamo è che anche prima di parlare di metodi di allenamento l’essere umano era già un ottimo corridore di lunga distanza. Ormai questo non dovrebbe stupirci in quanto sappiamo che la corsa è una nostra forma naturale di locomozione.
Ancora oggi popolazioni lodate per la loro grande abilità nella corsa di lunga distanza, come ad esempio i Tarahumara messicani, non si allenano affatto per prepararsi alle loro competizioni rituali di corsa.
Ma allora come fanno a percorrere 200 e più chilometri tra i canyon dove vivono? Semplicemente la vita è il loro allenamento. Parliamo infatti di persone che nella vita fanno i pastori o gli agricoltori, che per andare a trovare il vicino di casa a volte devono camminare chilometri, che conducono uno stile di vita molto “fisico”, che li rende forti e resilienti e mette il loro corpo in grado di compiere performance straordinarie quando ve ne è la necessità.
L’uomo in natura avrebbe uno stile di vita attivo e ciò che bramerebbe di più nel suo tempo libero sarebbe il riposo non certo le ripetute in pista!
E allora perché noi ci alleniamo? La risposta è altrettanto semplice: perché noi ne abbiamo bisogno!
Il nostro stile di vita attuale non ci mette più nelle condizioni di ottenere la quantità e qualità di movimento che avremmo se ci trovassimo in natura. Certo, alcuni di noi fanno ancora dei lavori che potremmo considerare più fisicamente attivi rispetto a dei lavori d’ufficio e proprio per questo queste persone dovrebbero imparare ad usare la loro attività a favore della corsa (e viceversa), ma la maggior parte degli esseri umani dei paesi industrializzati ha necessità di allenarsi per dare al corpo quel movimento che gli facciamo mancare.
Non solo, molti iniziano ad allenarsi dopo anni di sedentarietà e allora una pratica come la corsa diventa cruciale per ristabilire forma fisica, salute e benessere in un corpo che per molto tempo ha ignorato l’importanza del corretto movimento.
Esattamente per questa ragione, nel metodo Correre Naturale oltre a praticare metodologie di allenamento per la corsa, pratichiamo anche diversi esercizi da inserire nella vita quotidiana, e ancora di più incoraggiamo i nostri allievi ad assumere sane abitudini di vita e uno stile di vita attivo, consapevoli del fatto che i risultati che poi otteniamo nella corsa, anche a livello di performance, si costruiscono nelle 24 ore della giornata e non nella singola sessione di allenamento.
Le Metodologie di Allenamento per la Corsa
Quello delle metodologie di allenamento è per la verità un tema molto ampio, sia perché queste possono cambiare a seconda sia del livello che degli obiettivi dell’allievo, sia perché in alcuni casi i nostri programmi prevedono allenamento non canonici, che probabilmente non troveresti in nessun altro programma al mondo, e studiati per dare risultati specifici in linea con quanto esposto fino ad ora.
Nella nostra Running School ma soprattutto nella nostra Coaching & Training Experience (il sistema di personal coaching di Correre Naturale) agli allenamenti più “classici” si alternano allenamenti esclusivi del metodo che mirano a potenziare e stimolare il corpo in modo naturale, aiutare il recupero durante la sessione e favorire lo sviluppo del motore aerobico. Di questi allenamenti non tratterò qui perché chiaramente riservati ai miei allievi, ma voglio invece esporre le 5 metodologie di allenamento principali su cui si basano i nostri programmi in termini di principi.
Corsa Rigenerante
Forse la metodologia che più si identifica col metodo Correre Naturale anche grazie all’incredibile promozione che ne abbiamo fatto con articoli sul nostro blog, su riviste come Correre Magazine, video YouTube, iniziative come “La sfida dei 30 giorni” e ovviamente citata nei miei 2 libri.
La corsa rigenerante per me è alla base di qualunque allenamento di corsa, eppure è una metodologia che viene spesso trascurata e ignorata dal runner amatore, mentre è ampiamente praticata dal professionista.
Anni fa quando iniziavo a creare le basi di ciò che è diventato poi il metodo Correre Naturale, ero affascinato dagli incredibili benefici che la corsa rigenerante poteva portare a praticamente chiunque la praticasse, a prescindere dal suo livello, tanto che ho deciso io stesso di investire 6 mesi praticando solo questa metodologia. Non ho fatto nient’altro, ogni giorno solo corsa rigenerante.
Dopo 6 mesi ero un corridore nuovo e sebbene avessi già una buona base aerobica mi trovai incredibilmente migliorato. Dolori e acciacchi erano spariti, avevo una migliore gestione delle energie, la mia respirazione si era fatta più calma e profonda durante la corsa e anche il cuore sembrava essere più solido e calmo. Non ci credevo ma era tutto vero, si poteva migliorare la propria abilità e performance nella corsa anche senza ammazzarsi di ripetute tutte le settimane, senza arrivare sfiniti al termine degli allenamenti, senza rischiare di infortunarsi. È stata la prima volta in cui ho realizzato davvero quando sbagliata fosse la teoria del “no pain no gain”, che al tempo ma ancora oggi sembra conquistare molti runner e purtroppo anche molti coach di runner.
Per approfondire clicca qui e leggi l'articolo: LA CORSA RIGENERANTE: IL SEGRETO DELLA PERFORMANCE
Corsa Aerobica
Con la corsa aerobica si continua un po’ il discorso iniziato con la corsa rigenerante. Quest’ultima infatti è una tipologia di corsa aerobica, ma non tutta la corsa aerobica è rigenerante.
Se infatti nella corsa rigenerante lo scopo è nel nome stesso, ossia rigenerarsi, e si mantiene per questo un’intensità molto bassa, respirando a naso bianco (ossia cercando di fare meno rumore possibile col naso), nella corsa aerobica possiamo giocare con diverse intensità e scale di colore del naso (da bianco a grigio tipicamente), andando a portare le nostre sensazioni fino ad un limite di comodo/scomodo, impegnando maggiormente il nostro sistema muscolare come anche l’apparato cardio-respiratorio, prestando sempre molta attenzione comunque a restare nei limiti della nostra soglia aerobica ed evitando quindi quelle intensità che ci possono portare in condizioni di anaerobia.
Con la corsa aerobica possiamo coprire distanze maggiori, mettendo più chilometri nelle gambe, testando la nostra tecnica di corsa a velocità superiore e imparando a gestire la nostra respirazione a intensità non sempre facili o comode.
Corsa-Camminata
Questa metodologia unisce, come dice il nome stesso, la corsa (generalmente aerobica) alla camminata.
È una strategia che di norma viene sottovalutata perché considerata adatta solo ai principianti, ma è un grave errore perché la corsa-camminata è una tipologia di allenamento molto utile per qualunque atleta e può essere usata con efficacia anche in gara.
Inoltre, è una metodica ideale per chi sta iniziando a correre o per chi è in fase di recupero da un infortunio, in quanto permette di aumentare il tempo di allenamento (e quindi il tempo sulle gambe) dando al corpo la possibilità di adattarsi (o riadattarsi) con gradualità al gesto.
Si tratta con ogni probabilità della “strategia” di movimento più simile a quello che faremmo se fossimo davvero in natura e ce lo dimostrano quelle popolazioni, come i già citati Tarahumara, che ancora usano la corsa per scopi rituali e religiosi, come anche per spostarsi, e che all’interno dell’evento alternano spesso momenti di corsa a momenti di camminata per l’appunto.
Le 3 metodologie appena citate rappresentano per me la base su cui un corridori dovrebbe passare dei mesi per costruire un buon motore aerobico, abituare il corpo alla corsa, migliorare tecnica di respirazione, allenamento cardiovascolare e resistenza.
Una volta formata una solida base si può passare quindi a forme di allenamento più avanzate, tra cui le più utilizzate sono queste fartlek e tempo run.
Fartlek
Questo metodo di allenamento di origine svedese deve la sua nascita alle corse che gli atleti svolgevano tra i boschi e i territori della Svezia. Il nome significa “gioco di velocità” e lo scopo dell’allenamento stesso è appunto quello di giocare con diverse velocità, intensità e distanze. Nell’arco dei decenni si sono create varie forme di fartlek, ma in generale tutte hanno in comune l’idea del cambio di ritmo e di intensità all’interno della sessione.
Il fartlek può essere programmato ma anche svolto in modo spontaneo, proprio come un gioco, e prendere in considerazione cambi di terreno, salite e discese. È un ottimo allenamento per imparare a conoscersi e gestirsi, mettersi alla prova e capire come il nostro corpo reagisce a diverse intensità di corsa.
Per approfondire clicca qui e leggi l'articolo: FARTLEK: I CAMBI DI VELOCITÀ CHE MIGLIORANO LA CORSA
Tempo Run
La tempo run porta il nostro corpo a lavorare a intensità paragonabili a quelle del ritmo gara. Il suo scopo infatti è esattamente questo, insegnarci a gestire, per un limitato intervallo di tempo (che andrà gradualmente ad aumentare), l’intensità che andremo poi a mantenere quando ci troveremo in gara.
È una metodologia particolarmente utile per chi vuole misurarsi a livello di performance, diventare più veloce e per chi aspira ad ottenere un certo risultato sportivo, ad esempio fare il proprio personal best in maratona.
Proprio per questo nei nostri programmi la si trova solo dopo aver formato una solida base aerobica. Senza infatti un motore aerobico sviluppato la tempo run è sprecata, nel senso che non si riuscirebbe a sfruttare al massimo i benefici di questa tipologia di allenamento, che risulterebbe invece inutilmente stressante per il corridore.
La Respirazione
Non sono solo le metodologie appena menzionate a fare l’allenamento di un corridore, ma quando si allena qualcuno bisogna prendere in considerazione altri fattori cruciali prima di decidere come allenarlo: se ha una buona tecnica di corsa, se ha un corpo da corridore e…se sa respirare!
Sono ormai anni che insegno a divulgo le strategie di respirazione più efficaci da sfruttare, tanto nella vita quotidiana che nella corsa. Ero l’unico, un tempo, a parlare di respirazione nasale nella corsa, quando ancora la tematica non era così conosciuta come lo è oggi, quantomeno nel panorama internazionale dove ormai sono numerosi i podcast, i libri e le ricerche che ne parlano.

Oggi quasi mi viene da ridere quando vengo “definito” quello della corsa “respirando con il naso”, perché ho promosso molto e a lungo questo tipo di respirazione.
Purtroppo molte persone vogliono sempre vedere le cose in bianco o in nero: o respiri col naso o con la bocca! Ma il corpo umano non funziona così, se possiamo respirare con entrambi questi apparati c’è un motivo, che va compreso e poi applicato. È questo ciò che ho fatto nel metodo Correre Naturale, studiare la respirazione umana ottimale, sia nella vita quotidiana che nella corsa.
Il fatto che abbia promosso (e continui a farlo) la respirazione nasale è semplicemente perché fino a qualche anno fa sembrava che tutti si fossero dimenticati di avere un naso. Non solo nella corsa e nello sport in generale, ma anche parlando di vita quotidiana in pochi parlavano degli incredibili benefici della respirazione nasale e tutto ciò mi sembrava incredibile. Non solo, questi benefici potevano essere portati anche nella corsa e allora ne ho fatto la mia missione di educare quanti più runner potessi a scoprire il potere della respirazione nasale.
Non conosco un singolo runner che dopo aver praticato la respirazione nasale nella corsa seguendo le mie indicazioni sia poi tornato indietro. Se si viene seguiti e si usa il giusto metodo il passaggio alla respirazione nasale è relativamente rapido e non crea problemi. Non solo, moltissimi runner che oltre che nella corsa hanno iniziato a respirare col naso anche nella vita quotidiana mi hanno scritto entusiasti di come si sentano più forti e sani, più energici, e di come i malanni di stagione (come ad esempio il raffreddore), di cui una volta era frequentemente vittime, ora non li colpiscano più, nemmeno correndo in inverno col freddo.
Vediamo allora perché e quando dovremmo respirare col naso e perché e quando dovremmo usare la bocca.
La respirazione nasale
La prima cosa che penso quando mi chiedono perché bisognerebbe respirare con il naso è: “Be’, perché abbiamo un naso e fino a prova contraria serve proprio per respirare.” Sembra una risposta banale, ma in realtà in essa è contenuto tutto ciò che serve. Non troverai un libro di anatomia dove non sia spiegato che il naso serve per respirare, quindi perché mai non dovremmo usarlo?
A questo punto mi viene spesso risposto: “Sì, ma attraverso la bocca entra più aria!” Ok, ma se Madre Natura avesse deciso che “di più è meglio” ci avrebbe fatto un naso grande quanto la bocca, no? Il naso, come ogni altra parte del nostro corpo, si è evoluto per svolgere al meglio la sua funzione e non spetta certamente a noi mettere in dubbio centinaia di migliaia di anni di evoluzione e selezione naturale.
Le cavità nasali sono una struttura naturalmente preposta a filtrare l’aria in entrata. Questo vuol dire che l’aria che inspiriamo viene, a seconda del caso, riscaldata (fondamentale soprattutto nei mesi più freddi!), umidificata, ripulita dalle varie impurità, come per esempio polveri, che vi si possono trovare. È vero, sono più piccole della bocca, ma quello che può sembrare quasi uno svantaggio permette invece al nostro corpo di immettere ed espellere le corrette e necessarie quantità di ossigeno e anidride carbonica, regolando al meglio lo scambio tra i vari gas. Inoltre respirare con il naso sembra stimolare in modo più efficiente l’uso del diaframma.
Per approfondire clicca qui e leggi l'articolo: RESPIRAZIONE NATURALE E CORSA DI RESISTENZA: COME RESPIRARE QUANDO CORRI
Quando respirare con il naso quando si corre
Visto quanto detto sopra, perché non dovremmo voler portare questi benefici e vantaggi anche nella corsa? Come puoi intuire non c’è nessuna buona ragione per non fare uso della respirazione nasale anche durante la corsa.
L’obiezione che più spesso mi viene fatti in questi casi è davvero poco “scientifica” e si riduce ad un “Non ce la faccio/Ho provato ma è difficile”. È chiaro che se non si è abituati a fare qualcosa, introdurla nella propria corsa non sembra naturale all’inizio, non perché non lo sia, ma perché siamo noi che magari per anni abbiamo fatto tutt’altro, sbagliando. Esattamente come capita quando correggiamo la tecnica o altro, e questo non vale solo per la corsa ma per qualunque attività. Quando c’è qualcosa di nuovo, anche se è qualcosa di positivo, all’inizio c’è una resistenza al cambiamento. Questo perché siamo naturalmente pigri, non è un’offesa ma un dato di fatto.
Se per anni abbiamo respirato con la bocca non solo correndo ma anche nella nostra vita quotidiana, riprendere a respirare con il naso richiederà un piccolo sforzo in più, che sarà però ampiamente ripagato dai risultati, in termini sia di salute che di performance.
I corridori che corrono a bocca spalancata, spesso ansimando, anche ai ritmi più lenti, sono spesso quelli che concludono le corse sentendosi letteralmente a pezzi, con il fiatone dal primo all’ultimo chilometro, e non si rendono conto che così facendo non si sono rigenerati, non si sono nemmeno davvero allenati, ma solo stressati ulteriormente. E tu non vuoi essere uno di loro vero?
Respirare con il naso ti permetterà di godere davvero delle tue corse a bassa intensità, ti permetterà di rigenerarti, di migliorare le gestione energetica, forma fisica, salute e benessere.
Quando respirare con la bocca durante la corsa
Non si può però chiudere questa parte dell’articolo non nominando la bocca, che non è il “cattivo” in tutto questo, ma ha il suo ruolo e la sua funzione, anche nella corsa. Del resto l’immagine più comune di un corridore in gara è vederlo mentre taglia il traguardo a bocca spalancata (anche se c’è chi, anche tra i professionisti, la bocca la tiene ben serrata anche in questi momenti).
Respirare tramite la bocca, è bene chiarirlo, non è proibito né maledetto ma è qualcosa di situazionale. Quindi tranquillo, non è che se apri la bocca occasionalmente succede qualcosa di grave, a meno che non ti trovi in estate e non ti entrino in bocca una manciata di moscerini. Tuttavia, è bene che tu sappia che usare la bocca per respirare è una situazione in cui dovremmo trovarci raramente e solo quando stiamo spingendo la nostra corsa ad alte intensità, quindi generalmente quando ci troviamo oltre la nostra soglia aerobica.
In questi casi è naturale aprire la bocca, pensa alle situazioni di “fight or flight”, fuggi o combatti, dove il nostro organismo aggira qualunque meccanismo di difesa e protezione e si pone come unico obiettivo la nostra sopravvivenza. In questi casi, in cui lo stress è alto, l’adrenalina è in circolo e i battiti del cuore sono accelerati, è comune trovarsi a svolgere una respirazione prettamente orale, o mista. Proprio come accade quando siamo in gara e stiamo dando tutto o quando svolgiamo allenamenti molto intensi e stressanti come ad esempio una sessione di ripetute. Detto questo, lo ripeto, non è il tipo di situazione in cui ti dovresti trovare spesso, nemmeno in allenamento.
Il Tachimetro Interno
Arriviamo ora a un tema che mi è particolarmente caro, quella che io definisco la costruzione del nostro “tachimetro interno”. Il termine è di mia creazione semplicemente perché non ho trovato nulla di simile nella letteratura del running e credo che renda bene l’idea di ciò che voglio trasmettere.
Ogni runner infatti dovrebbe sviluppare un proprio tachimetro interno, imparare a leggere correttamente e gestire le proprie sensazioni, gestire la propria respirazione e percepire i battiti del proprio cuore. È la combinazione di questi 3 elementi che gli permetterà di allenarsi al meglio in ogni condizione e anche competere al massimo delle sue possibilità. Il tachimetro interno permette al runner di conoscere se stesso, il proprio corpo, e poter regolare di conseguenza velocità e intensità della corsa sulla base di ciò che sente.
Gli allenamenti del metodo Correre Naturale sono mirati proprio a sviluppare nei nostri allievi questa fondamentale capacità.

Per approfondire clicca qui e leggi l'articolo: COSTRUISCI IL TUO TACHIMETRO INTERNO
La Frequenza Cardiaca
La frequenza cardiaca è il più conosciuto e largamente utilizzato dei tre parametri appena nominati. Nel mondo del running abbondano i sistemi per poter individuare la propria frequenza cardiaca di riferimento, dalla massima fino poi a giungere alle varie zone di allenamento.
Per farlo c’è chi si affida ciecamente ai calcoli fatti dai propri strumenti, chi alle varie formule nate nel corso degli anni e chi si sottopone ai test in laboratorio per la misurazione del lattacido. Qualunque sia il metodo scelto per la misurazione della frequenza cardiaca, è importante ricordare che si tratta solo di uno degli elementi da tenere in considerazione.
L’allenamento basato sulle zone di frequenza cardiaca ha certamente l’indubbio vantaggio di essere “facile”, in quanto ci permette di impostare il nostro allenamento sul numero di battiti individuati dalla nostra strumentazione (a patto che questi siano davvero reali), ed è per questo l’ideale per molti principianti che ancora non sanno come allenarsi né tantomeno sanno come farlo nel modo più corretto e produttivo.
Tuttavia, questa soluzione presenta dei grandi limiti nel momento in cui si realizza che la risposta del nostro cuore allo sforzo può essere ampiamente influenzata da diversi fattori e può cambiare o variare giorno dopo giorno, se non ora dopo ora. Una notte insonne, una giornata stressante, il recupero da una malattia, le condizioni meteo, l’alimentazione, l’idratazione sono alcuni dei fattori che influiscono fortemente sulla variabilità dei nostri battiti. Il rischio dunque di prendere come riferimento un numero o un range “fisso”, è quello di non avere la flessibilità di capire quando deve essere adattato sulla base di ciò che il nostro corpo ci richiede in un determinato momento.
La Respirazione
Sono purtroppo ancora troppo pochi i runner che si dedicano davvero a un serio lavoro sulla respirazione e ancor meno sono coloro che imparano come correlarla alla propria frequenza cardiaca o alle sensazioni provate durante la corsa. Questa è una capacità certamente indispensabile per i professionisti e che ritengo dovrebbe essere ricercata e sviluppata anche da tutti coloro che ricercano dei seri risultati nella corsa, sia in termini di salute che di performance.
L’errore più comune commesso in relazione al respiro è non ascoltarlo o non saperlo ascoltare. In troppi durante la corsa respirano un po’ come viene e non prestano la dovuta attenzione a ciò che il loro corpo sta trasmettendo loro tramite questa importante funzione. Un classico esempio sono i corridori che eseguono corse di recupero (quindi a bassa intensità) con una respirazione particolarmente rumorosa, per non dire affannata (spesso respirando con la bocca anche a basse intensità). In questi casi non importa quando stiano andando piano o quale sia il numero di battiti che stanno mantenendo: stanno chiaramente dando un segnale di stress e la cosa migliore da fare è rallentare fino a che la respirazione non torni facile e silenziosa.
Le Sensazioni
In pochi ne parlano, forse perché sono il più soggettivo dei parametri e non è scontato sapere come fare ad allenarle, come insegnarlo e, soprattutto, come correlarle agli altri due parametri visti precedentemente.
Come corridori - ma anche come esseri umani - dovremmo essere sempre in ascolto delle nostre sensazioni e avere l’abilità di “leggerle” correttamente. Sono queste infatti il parametro più importante e quello in grado davvero di dirci se stiamo facendo un buon allenamento, o una buona gara.
Questo è il lavoro che richiede una più alta sensibilità e, allo stesso tempo, quello che ci permetterà di migliorare esponenzialmente la conoscenza della corsa e di noi stessi. Riuscire ad analizzare e comprendere l’effetto che un determinato allenamento, una certa velocità o distanza stanno avendo su di noi, sulle nostre energie, o l’effetto che avranno sul nostro umore o sull’andamento della nostra giornata, non è qualcosa che andrebbe sottovalutato ma attentamente considerato.
Riuscire poi a combinare questa conoscenza con quanto appreso in termini di frequenza cardiaca e respirazione è ciò che ci permetterà di costruire in modo definitivo un efficace tachimetro interno al quale poter fare sicuro riferimento durante ogni nostra sessione di allenamento o gara.
Un ultimo pensiero su questo argomento. Oggi siamo letteralmente circondati da strumenti o app che promettono di fornirci i dati più precisi riguardo i nostri allenamenti. Ci dicono a che velocità stiamo correndo, a quanti battiti al minuto lavora il nostro cuore, se abbiamo fatto o meno un buon allenamento, il nostro VO2max quante ore dobbiamo riposare, se siamo stressati, se abbiamo dormito bene o quanti gelati (o birre) ci siamo meritati con l’allenamento di oggi. Si permettono addirittura di dirci se siamo migliorati o peggiorati rispetto al giorno prima.
Sono tutti strumenti utilissimi se usati correttamente, ma per quanto mi riguarda è sempre importante non dimenticare l’essere umano che si cela dietro tutti questi dati. Solo noi possiamo davvero sapere come stiamo, come ci sentiamo, se possiamo dare di più o se dobbiamo riposare, se l’allenamento è stato produttivo oppure no.
A questo mira lo sviluppo del tachimetro interno, a permettere all’essere umano e al corridore di avere sempre il controllo della situazione, a rendere i dati esterni ciò che sono: semplici dati, informazioni. Non dobbiamo subirli, ma imparare come conoscerli e sapere quando corrispondono alla realtà e quando no.
Correre è per Tutti
Avrei ancora molto, ma davvero molto da scrivere sul tema dell’allenamento ma credo qui di aver dato una buona prospettiva di ciò che significa allenarsi nel metodo Correre Naturale.
Tutto ciò che ho detto in questo articolo e nella Parte 1 per me non è opzionale, sono tutti elementi che dovrebbero essere parte integrante della preparazione di ogni corridore, dall’amatore al professionista. Ci saranno poi diverse intensità, diverse ore di lavoro e di recupero, diverse prestazioni, ma le basi su cui tutto questo si fonda sono esattamente le stesse, per la corsa e i principi su cui si base sono gli stessi per tutti gli esseri umani.
Non c’è segreto, ma bisogna sapere fare le cose per bene e metterci costanza, allora sì che i risultati arrivano, e che risultati!
Una frase che mi piace spesso ricordare è che
Ecco, sappi che la corsa è una prospettiva di lungo periodo. Allenarsi per una maratona e poi smettere di correre per gli infortuni o perché non ci piaceva farlo è come non aver corso davvero perché non si è scoperto nulla di questa splendida disciplina.
Dovremmo invece correre con l’idea di farlo per sempre, fino a 100 anni e oltre se ci arriveremo. Correre non è per la gara che hai fra tre mesi, correre è per tutta la vita.
Se comincerai ad approcciare la corsa in quest’ottica allora sono certo che molte cose cambieranno, che non sarà più solo uno sport, che correre diventerà il momento più bello della tua giornata, lo strumento che userai per pensare, meditare, eliminare lo stress, essere più produttivo, più in forma, più forte e in salute. La corsa diventerà la tua migliore amica e ti insegnerà a conoscerti. Capirai che con la corsa potrai raggiungere ogni obiettivo ed è davvero così.
Per me è così, per il mio team lo è, e per tutti coloro che si sono affidati al metodo Correre Naturale è così. È la ragione stessa di esistere di Correre Naturale, portare chiunque a comprendere una verità che per me è lampante da sempre:
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