Allenarsi nella Corsa seguendo le Sensazioni: la Tecnologia definitiva

L’idea di correre a sensazione è un qualcosa che nel mondo del running viene spesso più vista come una romantica aspirazione che un reale obiettivo da ottenere.
Del resto, fin da quando muoviamo i primi passi nel mondo della corsa ci troviamo intrappolati in un mondo che cerca di venderci quanta più roba possibile, dai calzoncini ai calzari, scarpe nuove ogni mese, cappellini, zaini e, ovviamente, orologi GPS e fasce cardio.
Altrettanto spesso ci viene venduta più o meno direttamente l’idea che senza questi non saremmo in grado di correre o che comunque non saremmo in grado di performare al meglio, rendendo la nostra corsa totalmente o in parte dipendente dal possesso o meno di certi beni materiali.
tecnologia
Facendo un passo in avanti, oggi siamo anche circondati dalle più disparate app sulla corsa, che collegandosi ai nostri orologi e profili si arrogano il diritto di dirci com’è andato il nostro allenamento e, se il nostro profilo è pubblico, di dirlo anche agli altri. Come prima, anche qui si crea una sorta di dipendenza, conscia o inconscia molto più spesso, che intrappola il corridore nell’idea di “dover dimostrare qualcosa” e non rendendolo più padrone della sua corsa ma anzi portandolo a correre per gli altri o addirittura per l’app stessa.

Fatta questa dovuta premessa, è bene anche mostrare l’altro lato della medaglia. Personalmente io adoro tutti gli strumenti per l’allenamento che la tecnologia moderna ha messo a nostra disposizione e ne faccio largo uso durante le mie corse.
Non solo, faccio in modo di testare e recensire ogni nuovo modello in modo da fornire ai miei allievi della Coaching & Training Experience di Correre Naturale sempre consigli e feedback precisi sulle ultime novità.

Detto questo, il punto da sottolineare è che non mi affido ciecamente a questi strumenti per gestire e valutare i miei allenamenti.
Riconosco che siano strumenti utili, certo, ma ne riconosco anche i fortissimi limiti.
Primo fra tutti che, nonostante stiano diventando sempre più precisi, non potranno mai sostituire in precisione lo strumento innato che tutti possediamo e che ogni runner che vuole davvero performare dovrebbe imparare ad usare: le nostre sensazioni.

sensazioni

Dunque, se usati nel modo corretto, questi materiali, queste tecnologie, queste app, sono strumenti straordinari messi a nostra disposizione dall’era moderna e possono davvero aiutarci a migliorare la nostra corsa, a farci vivere la sua dimensione sociale, e monitorare l’andamento di allenamenti e performance.
Certo, se usati nel modo corretto, che in poche parole vuol dire che dobbiamo essere noi padroni dello strumento, imparare come usarlo e non farci usare, non subirlo insomma.

Affinché questo possa accadere è fondamentale che il runner impari a seguire, leggere e interpretare le proprie sensazioni, che sono la tecnologia più avanzata a nostra disposizione e l’unico strumento che se usato correttamente può fornirci davvero dati affidabili con cui poter poi interpretare i dati trasmessi dalla strumentazione esterna.

Noi siamo la tecnologia

È una cosa a cui nessuno pensa, ma noi siamo a tutti gli effetti una tecnologia e tra le più avanzate al mondo, molto più di qualunque cosa noi stessi siamo mai riusciti a creare. Di conseguenza le nostre stesse sensazioni sono parte di questa tecnologia avanzatissima, frutto di millenni di evoluzione.
Conosci te stesso
Alla luce di questo è un vero peccato che oggi vengano spesso poste in secondo piano o che, ancora peggio, si sia perso la fiducia in esse.
Molti runner infatti, e ho potuto constatarlo di persona, non si fidano più delle proprie sensazioni, tanto sono abituati a guardare i dati dell’orologio, del dispositivo per la frequenza cardiaca o di qualunque altro strumento indossino.
Non solo, nel tempo si sono talmente staccati da se stessi, dalla propria capacità di ascoltarsi, che alcuni di loro non riescono neanche più ad interpretare le sensazioni correttamente.
Pensate cosa sarebbe successo ai nostri antenati se non fossero stati in grado di affidarsi alle proprie sensazioni e interpretarle correttamente. Probabilmente ci saremmo estinti da tempo.

E anche restando nell’ambito della corsa, non dimentichiamo che per la maggior parte della nostra storia i corridori si sono allenati affidandosi esclusivamente - o quasi - alle sensazioni, e questo vale anche per i campioni e per coloro che hanno poi stabilito dei record.
È in realtà abbastanza recente l’idea che uno strumento inanimato ne possa sapere su di noi più di noi stessi.

Anche oggi i runner di paesi come Kenya ed Etiopia crescono e arrivano fino al professionismo senza, in alcuni casi, aver mai nemmeno indossato un orologio GPS o una fascia cardio, ma basando i loro allenamenti solo su sensazioni e respirazione.
respirazione
Non solo, anche una volta arrivati al professionismo quando, grazie agli sponsor e ai premi delle gare, avere strumenti tecnologici non sarebbe più un problema, molti di loro continuano ad affidarsi prima di tutto alle proprie sensazioni per la gestione delle proprie sessioni di allenamento.
Se devono scegliere se e quanto spingere lo fanno sulla base di come si sentono quel giorno o in quel dato momento.
    A questo proposito un piccolo aneddoto riguardante proprio questo aspetto ce lo racconta Abdi Nageeye, atleta di fama internazionale e runner del famoso NN Running Team, la squadra che ospita anche il campione del mondo Eliud Kipchoge.
    Ed è proprio durante un allenamento con Eliud che quest’ultimo ha consigliato ad Abdi di non guardare l’orologio e il passo al chilometro durante l’allenamento, perchè lo avrebbe condizionato e gli avrebbe impedito di dare il meglio.
    eliud
"Corri a sensazione invece gli ha detto Eliud, percepirai meno la fatica e andrai più veloce."
Questo è un consiglio che in alcuni allenamenti do anche ai miei allievi, proprio perchè ci sono volte in cui il corridore tende ad eseguire un allenamento sotto (o sopra) le proprie reali potenzialità perchè ha preso come unico riferimento i battiti cardiaci o il passo al chilometro e lo sta usando come unico parametro.
Di nuovo, sempre per ribadire un concetto, non c’è nulla di male nel tenere monitorati i battiti (o la velocità) durante un allenamento, anzi vi sono intere metodologie di allenamento per la corsa che si basano quasi esclusivamente su questo, ma l’errore sta nel ritenerli l’unico valore affidabile e affidarsi a loro senza rapportarli e confrontarli con respirazione e sensazioni.
battiti

Ho coniato un termine per tutto questo, per rendere più chiaro il concetto espresso ai miei allievi del coaching e della Running School, ed è
“tachimetro interno”.
Il tachimetro interno è lo strumento interiore che ogni runner dovrebbe sviluppare e che può essere allenato e affinato con specifici allenamenti dove i parametri di riferimento sono frequenza cardiaca, respirazione e sensazioni.


L’analisi accurata durante la corsa di questi tre fondamentali parametri permetterà al corridore di conoscersi sempre di più, tanto da riuscire col tempo a riprendere fiducia e confidenza in ciò che gli dice il suo corpo ed apprendere infine come gestire un allenamento, come regolare le proprie energie e intensità unicamente sulla base di come si sente.
Cosa che, se fatta bene ed esercitata durante gli allenamenti, ci permetterà di dare il meglio di noi anche in gara.

RPE e scala di Borg

Apparentemente, seguire le proprie sensazioni può sembrare semplice, ma siamo sicuri di riuscire a capire con esattezza la differenza tra una corsa rigenerante e una corsa aerobica?
Siamo sicuri di riuscire a capire quando dovremmo rallentare, di saper leggere i segnali del nostro corpo nel corso di una sessione di corsa?
La risposta, per la maggior parte dei runner amatori, è:

NO!


Un utile strumento che allora ci viene in aiuto per allenare questa capacità è la scala di Borg.
Prende il nome dal suo creatore, Gunnar Borg, che creò delle scale di valori atte ad identificare la percezione dello sforzo.
Una di queste scale è quella RPE (“Rate of Perceived Exertion, ossia “livello dello sforzo percepito), il cui scopo è valutare la percezione dello sforzo fisico soggettivo durante un’attività fisica.

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battiti

Questa scala dalla sua creazione ha avuto varie interpretazioni, tanto che se ne possono trovare anche diverse versioni nel mondo della corsa, a seconda dell’interpretazione del singolo coach.
Associandola alla mia esperienza nella formazione di migliaia di runner e ai valori attribuibili all’intensità respiratoria e ai battiti cardiaci, ne ho creato anch’io un versione che utilizzo per allenare gli atleti della Coaching & Training Experience di Correre Naturale, il nostro servizio di coaching online.

Qui di seguito potete trovarne una versione adattata per questo articolo:

  • 0: Condizione di riposo.
  • 1-2: Sensazione di fatica leggerissima, impercettibile come potrebbe essere quella di una camminata leggera.
    La respirazione nasale è facile e silenziosa.
  • 3-4: Sensazione di sforzo piacevole e mai scomoda come quella che dovremmo provare nelle corse aerobiche rigeneranti.
    Non ci troviamo mai in condizione di fame d’aria.
  • 5-6: Sensazione di sforzo gestibile ma che può essere anche un po’ sfidante. Si tratta di uno sforzo che può arrivare al limite della sensazione comodo-scomodo, ma che sappiamo essere gestibile per lunghi periodi di tempo.
  • 7: Sensazione di sforzo percepito alta, non più gestibile in maniera piacevole, va oltre ciò che può essere considerato comodo. Questo sforzo può essere mantenuto, a seconda del livello di allenamento della persona, dai 10 fino ai 60 minuti.
  • 8: Sensazione di sforzo percepito molto alta e impegnativa, gestibile per un massimo di 5/7 minuti.
  • 9-10: Sensazione di sforzo percepito massimale, gestibile per poche decine di secondi. Il 10 rappresenta la sensazione di fatica e sforzo più forte che possiamo percepire durante la corsa.

Come si può vedere, tramite questa scala RPE, è possibile fornire al corridore dei punti di riferimento su cui iniziare a lavorare e, nel tempo, affinare la propria sensibilità.
Allenamento dopo allenamento, la tendenza sarà quella di guardare sempre meno l’orologio, di indossare la fascia cardio per avere un parametro in più e non per avere il parametro definitivo.
Si diventerà più bravi nel gestire l’intensità respiratoria e, con essa, anche le proprie riserve energetiche e lo stress legato all’attività della corsa.

Non solo, lavorare sulle nostre sensazioni ci insegnerà una cosa molto importante: che i giorni non sono tutti uguali, che non siamo noi a decidere se spingere o meno, che un allenamento può non andare come previsto, semplicemente perchè quel giorno “non è giornata”, ma che può comunque trasformarsi in un allenamento di successo se ci sappiamo ascoltare.

successo

Conlcusioni

Invito sempre ogni runner, fin dalla prima lezione, a prestare attenzione alle proprie sensazioni durante la corsa e sono davvero stupito nel constatare quanti corridori ignorino totalmente che cosa sta accadendo all’interno del loro corpo mentre lo muovono nello spazio.
Inserire la scala RPE nei propri allenamenti può diventare per molti una vera e propria svolta per cambiare la percezione che si ha della corsa stessa, mettere per un po’ da parte i numeri e riscoprire ciò che conta davvero: le nostre sensazioni; ricordando che non si tratta di abbandonare la tecnologia, ma piuttosto di associare i nostri strumenti ad una tecnologia ben più antica, precisa, e che ha superato da tempo il test sul campo: il nostro corpo.

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