Costruisci il tuo tachimetro interno

Cosa significa essere “un corridore di successo”?
Questa definizione è il risultato di una gestione intelligente sia della propria corsa che della propria vita quotidiana. In particolare, è fondamentale avere una gestione consapevole del proprio allenamento, senza la quale, infatti, è praticamente impossibile riuscire a migliorare realmente e in modo sostenibile. Se vogliamo davvero definirci corridori e, soprattutto, se vogliamo essere dei corridori di successo, dobbiamo imparare a capire esattamente cosa sta succedendo nel nostro corpo mentre ci stiamo allenando e diventare abili nel riconoscere le sensazioni e dosare le energie in relazione all’allenamento che stiamo eseguendo.

Per questo motivo è assolutamente fondamentale costruire un tachimetro interno, una funzione che ci permetta di conoscere e regolare la velocità durante la corsa, a prescindere dalla necessità di affidarci a strumenti esterni. Questa capacità, che si può sviluppare con l’allenamento, ci permette una migliore gestione delle nostre energie durante l’attività fisica e, inoltre, ci dona la consapevolezza di conoscere esattamente le velocità a cui possiamo permetterci di correre in un dato momento, elemento fondamentale per affrontare nel modo corretto allenamenti e gare, per allenarci alla ricerca della prestazione o per qualunque obiettivo vogliamo raggiungere.

Nella corsa infatti, se vogliamo migliorare, è importante porci un obiettivo, cosa che in effetti molti corridori sono portati spontaneamente a fare fin da quando si avvicinano a questa pratica. Tuttavia l’errore più comune in questi casi è sopravvalutarsi (raramente ci si sottovaluta) e puntare a un obiettivo fuori dalle nostre possibilità, un obiettivo non realistico, con il rischio poi di fallire o di infortunarsi o stressarsi per cercare di portarlo a termine a tutti i costi. Tutto questo si può evitare, appunto, con un corretto sviluppo del nostro tachimetro interno, che ci permetterà di prendere maggiore consapevolezza del nostro stato di forma, del nostro corpo, delle nostre capacità e di conseguenza anche di puntare a obiettivi realistici e raggiungibili. Questo ci metterà nella condizione di migliorare in modo progressivo e sostenibile.

I 3 parametri per lo sviluppo di un buon tachimetro interno

Per arrivare alla costruzione di questo strumento formidabile, tre sono i parametri a cui dobbiamo fare riferimento e che ci troveremo ad allenare, prima singolarmente, poi sinergicamente: frequenza cardiaca, respirazione, sensazioni.

Mano a mano che diventeremo bravi a gestirli, potremmo iniziare poi a correlarli anche al nostro passo al chilometro. Tuttavia è fondamentale prima riuscire a costruire il nostro tachimetro interno senza farci deviare da quello che, a mio avviso, è il parametro meno utile per la maggior parte dei corridori e per l’80% dei loro allenamenti: la velocità.

La comprensione e la confidenza con ognuno dei tre elementi spiegati in questo articolo è dunque fondamentale per il runner che voglia migliorare davvero e raggiungere un livello superiore nei suoi allenamenti, diventando un corridore più completo.

1. La frequenza cardiaca

La frequenza cardiaca è tra i più conosciuti e largamente utilizzati dei tre parametri appena nominati. Nel mondo del running abbondano i sistemi per poter individuare la propria frequenza cardiaca di riferimento, dalla massima fino poi a giungere alle varie zone di allenamento. Per farlo c’è chi si affida ciecamente ai calcoli fatti dai propri strumenti (come orologio e fascia cardio), chi alle varie formule nate nel corso degli anni (dalla classica 220 - età, fino a quelle di Maffetone e Karvonen) e chi, come spesso fanno i professionisti, si affida invece alla scienza, sottoponendosi ai test per la misurazione del lattacido e ottenendo così parametri più precisi e affidabili.

Qualunque sia il metodo da voi scelto per la misurazione della frequenza cardiaca, è importante ricordare che si tratta solo di uno degli elementi da tenere in considerazione e, per la verità, anche il meno preciso dei tre.

L’allenamento basato sulle zone di frequenza cardiaca ha certamente l’indubbio vantaggio di essere “facile”, in quanto ci permette di impostare il nostro allenamento sul numero di battiti individuati dalla nostra strumentazione (a patto che questi siano davvero reali), ed è per questo l’ideale per molti principianti che ancora non sanno come allenarsi né tantomeno sanno come farlo nel modo più corretto e produttivo. Tuttavia, questa soluzione presenta dei grandi limiti nel momento in cui si realizza che la risposta del nostro cuore allo sforzo può essere ampiamente influenzata da diversi fattori e può cambiare o variare giorno dopo giorno, se non ora dopo ora. Una notte insonne, una giornata stressante, il recupero da una malattia, le condizioni meteo, l’alimentazione, l’idratazione sono alcuni dei fattori che influiscono fortemente sulla variabilità dei nostri battiti. Il rischio dunque di prendere come riferimento un numero o un range “fisso”, trovato tramite formule o esami di laboratorio, è quello di non avere la flessibilità di capire quando deve essere adattato sulla base di ciò che, in un determinato momento, ci viene richiesto dal nostro corpo.

Affidarsi al numero di battiti può comunque essere una valida soluzione all’inizio, quando si comincia un percorso di conoscenza del proprio corpo e della propria corsa, ma sul lungo termine, per migliorare la qualità dei propri allenamenti, va indubbiamente sviluppata e affinata la capacità di associare la frequenza cardiaca agli altri due parametri, respirazione e sensazione.

Per fare un esempio pratico, potrei avere individuato come ideale per i miei allenamenti aerobici rigeneranti una frequenza cardiaca di 130 battiti e questa risulta essere in effetti la FC a cui riesco ad associare le sensazioni di facilità di respirazione e piacevolezza legate a questa metodologia. Tuttavia, in una giornata particolarmente stressante (per esempio a causa del caldo o del lavoro) potrei ritrovarmi a 130 battiti a percepire sensazioni di spossatezza o respirazione pesante. In questo caso devo aver affinato la sensibilità di comprendere che, sebbene allenarmi a 130 battiti sia l’ideale nella maggior parte delle occasioni, in quel caso specifico il mio corpo mi sta comunicando di rallentare ulteriormente e ricercare un range di battiti inferiore. I battiti erano gli stessi di sempre, ma respirazione e sensazioni erano cambiate.

È bene capire quindi che saranno sempre respirazione e sensazione a guidare la gestione del nostro allenamento e non la cieca fiducia in un parametro individuato con strumenti esterni.

2. La respirazione

Sono purtroppo pochi i runner che si dedicano davvero a un serio lavoro sulla respirazione e ancor meno sono coloro che imparano come correlarla alla propria frequenza cardiaca o alle sensazioni provate durante la corsa. Questa è una capacità certamente indispensabile per i professionisti e che ritengo dovrebbe essere ricercata e sviluppata anche da tutti coloro che ricercano dei seri risultati nella corsa, sia in termini di salute che di prestazione.

L’errore più comune commesso in relazione al respiro è non ascoltarlo o non saperlo ascoltare. In troppi durante la corsa respirano un po’ come viene e non prestano la dovuta attenzione a ciò che il loro corpo sta trasmettendo loro tramite questa importante funzione. Un classico esempio sono i corridori che eseguono corse di recupero (quindi a bassa intensità) con una respirazione particolarmente rumorosa, per non dire affannata. In questi casi non importa quando stiano andando piano o quale sia il numero di battiti che stanno mantenendo: il corpo sta chiaramente facendo loro capire di essere sottoposto a uno sforzo eccessivo e l’unica cosa che dovrebbero fare è rallentare fino a che la respirazione non torna facile e, nei limiti del possibile, silenziosa.

Per approfondire clicca qui e leggi l'articolo: RESPIRAZIONE NASALE E CORSA

3. Le sensazioni

In pochi ne parlano, forse perché sono il più soggettivo dei parametri e non è scontato sapere come fare ad allenarle, come insegnarlo e, soprattutto, come correlarle agli altri due parametri visti precedentemente. Come corridori, ma anche come esseri umani, dovremmo essere sempre in ascolto delle nostre sensazioni e avere l’abilità di “leggerle” correttamente.

Sono queste infatti, dei tre, il parametro più importante e quello in grado davvero di dirci se stiamo facendo un buon allenamento, o una buona gara. Questo è il lavoro che richiede una più alta sensibilità e, allo stesso tempo, quello che ci permetterà di migliorare esponenzialmente la conoscenza della corsa, e di noi stessi. Riuscire ad analizzare e comprendere l’effetto che un determinato allenamento, una certa velocità o distanza stanno avendo su di noi, sulle nostre energie, o l’effetto che avranno sul nostro umore o sull’andamento della nostra giornata, non è qualcosa che andrebbe sottovalutato ma attentamente considerato. Riuscire poi a combinare questa conoscenza con quanto appreso in termini di frequenza cardiaca e respirazione è ciò che ci permetterà di costruire in modo definitivo un efficace tachimetro interno al quale poter fare sicuro riferimento durante ogni nostra uscita.

Conclusione

Oggi siamo letteralmente circondati da strumenti o app che promettono di fornirci i dati più precisi riguardo i nostri allenamenti. Ci dicono a che velocità stiamo correndo, a quanti battiti al minuto lavora il nostro cuore, se abbiamo fatto o meno un buon allenamento, quante ore dobbiamo riposare, se siamo stressati, se abbiamo dormito bene o quanti gelati (o birre) ci siamo meritati con l’allenamento di oggi. Sono tutti strumenti utilissimi. In un mondo in cui siamo sempre più sconnessi da noi stessi, questi ci aiutano in effetti ad avere dei punti di riferimento su come poter gestire le nostre giornate o i nostri allenamenti.

Tuttavia, è sempre importante non dimenticare l’essere umano che si cela dietro tutti questi dati. La verità è che solo noi possiamo davvero sapere come stiamo, come ci sentiamo, se possiamo dare di più o se dobbiamo riposare, se l’allenamento è stato produttivo o meno. A questo mira lo sviluppo del tachimetro interno, a permettere a voi, all’essere umano e al corridore che siete, di riprendere il controllo della situazione. A rendere i dati esterni ciò che sono: semplici dati, informazioni. Non dobbiamo subirli, non dobbiamo farci guidare ciecamente da essi, ma imparare come conoscerli e sapere quando corrispondono alla realtà e quando no.

Siamo noi a dover avere sempre l’ultima parola sui nostri allenamenti, sulle nostre corse. Perché, quando il nostro tachimetro interno sarà forte, non ci saranno più muri nelle nostre gare, ma solo sorrisi e soddisfazioni. 😊

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