Come è evidente per la natura stessa della corsa l’essere umano non dovrebbe infortunarsi correndo, siamo fatti per prosperare grazie a questa forma di locomozione, quindi che senso ha che questa ci danneggi?
Non c’è nulla di naturale o normale negli infortuni nella corsa e chiunque vi dirà il contrario vi sta mentendo. Ci sono due semplici motivi alla base della maggior parte degli infortuni di cui i corridori sono vittima: non avere un corpo che si possa permettere di correre e non saper correre.

Avere un corpo che possa permettersi di correre
Cominciamo dal
Sebbene correre dovrebbe essere naturale per noi, purtroppo siamo noi a non poterci più considerare degli esseri umani naturali, ma piuttosto dovremmo definirci esseri umani zoo; termine forte ma che esprime chiaramente il livello di “cattività” dentro cui siamo arrivati a vivere, per nostra stessa scelta, peraltro.
Per chi cresce oggi in uno dei paesi cosiddetti “industrializzati” è facile infatti che vengano a mancare i giusti stimoli a un sano e corretto movimento quotidiano, sia in termini di qualità che di quantità.
Per fare un esempio concreto, a circa sei anni d’età la maggior parte di noi si è confrontata con l’inizio della scuola e, di conseguenza, con la necessità di passare diverse ore al giorno seduti su una sedia (posizione anomala), senza potersi muovere liberamente e/o con rare pause nel corso della giornata.

Questo allo scopo di focalizzare l’attenzione del bambino su attività più “di testa”, ma a totale discapito della sua crescita motoria.
Non è difficile vedere come questa abitudine si perpetui poi fino all’età adulta, nel corso dell’intero ciclo di studi e poi spesso anche dell’attività lavorativa, creando a tutti gli effetti degli esseri umani certamente abili nello stare seduti per molte ore di fila, a studiare, ragionare o fare calcoli, ma raramente abili nel muoversi con agilità e competenza e tantomeno nel correre.
Chiaramente il passare troppo tempo seduti non è l’unica malsana abitudine che va a influire negativamente sulla nostra capacità di correre, ma qui vorrei sfidare il lettore al ripensare il suo stile di vita (attuale e passato) e individuare lui stesso se e cosa lo abbia portato a perdere la sua predisposizione al movimento naturale.
Del resto ognuno ha vissuto una sua vita, personale e sportiva, per cui ognuno dovrà affrontare un suo personale percorso di “riumanizzazione” quando si troverà a voler riscoprire la vera corsa.

Tuttavia, quando molti di noi decidono di dedicarsi alla corsa come sport o comunque come attività fisica regolare, difficilmente si rendono conto che negli anni il loro corpo si è reso completamente inadatto a questa attività.
Spesso si comincia a correre, anzi, nella totale inconsapevolezza che serva un corpo per correre, del resto sembra un gesto così semplice e naturale!
E questo è proprio il ragionamento, o meglio il non-ragionamento, di cui cadono vittima la maggior parte dei runner e che porta nel tempo alla comparsa dei primi fastidi, dolori o infortuni.
Il corpo impara a fare bene ciò che gli facciamo fare più spesso, non dimentichiamocelo mai. Se non lo facciamo muovere, diventerà bravo a non muoversi. Se stiamo ore e ore seduti, diventerà bravo a fare quello. E così via.
Nella seconda ipotesi invece ci troviamo di fronte a persone che in qualche modo hanno mantenuto un fisico adatto alla corsa, magari perché hanno sempre continuato a praticare attività fisica o perché sono cresciuti mantenendo sane abitudini di movimento quotidiano.
Anche avere un corpo che si possa permettere di correre, tuttavia, non ci rende invincibili. Come ogni macchina, se portato troppo oltre le sue capacità inevitabilmente si romperà.
Per quanto infatti il gesto della corsa sia più o meno lo stesso a prescindere dalla velocità a cui corriamo, dobbiamo realizzare che correre a 6’/km e farlo per esempio a 4’/km sottopone i nostri muscoli, tendini, articolazioni, ossa e, in generale, l’intero nostro corpo a due tipi di pressione e stress completamente diversi.
Avere dunque un corpo che si possa permettere di correre a 6’/km non significa automaticamente che quello stesso corpo si possa permettere di correre anche ai 4’/km.
O, di nuovo, avere un corpo che si possa permettere di correre tre volte a settimana non vuol dire avere un corpo che di punto in bianco possa permettersi di correre cinque volte a settimana.

È esattamente questo il motivo per cui molti runner, che magari hanno corso per anni senza problemi, si ritrovano improvvisamente ad avere fastidi o infortuni.
Hanno cercato probabilmente di aumentare distanze e/o velocità (o peggio, entrambe) senza un programma di allenamento corretto o senza lasciare al loro corpo il tempo per attuare i necessari adattamenti.
Classico caso è rappresentato da quelle situazioni in cui ci iscriviamo ad una gara che però richiede un tempo di preparazione per noi più lungo di quello concesso dalla data dell’evento.
Per fare un esempio prendiamo il runner che magari non ha mai corso una maratona ma ci si iscrive perchè ispirato dal sacro fuoco della corsa o perché trascinato da amici.
Se questa maratona si svolgerà fra tre mesi lui avrà di conseguenza tre mesi per prepararla, ma se per certe persone questo può essere un tempo adeguato per altri runner è decisamente troppo poco per allenare il corpo a percorrere una distanza simile, e soprattutto a percorrerla stando bene e senza ritrovarsi il giorno dopo a camminare come zombie (scene che, purtroppo, capita di vedere spesso al termine di numerose maratone).
È per questo stesso motivo che sconsiglio sempre ai runner di ispirarsi troppo a ciò che fanno i professionisti o, peggio ancora, copiare le loro tabelle sperando magari di ottenere gli stessi risultati.
Non dimentichiamo mai che non sono le tabelle a fare un professionista, ma che piuttosto è lui che, tramite un lavoro di anni, è riuscito a creare un corpo che ora può permettersi di sostenere determinati allenamenti, da cui quindi può trarre massimi benefici senza rischiare di infortunarsi.
Saper correre correttamente
Veniamo quindi alla
(molto spesso correlata alla prima), ossia il non saper correre o, comunque, il non saper eseguire il corretto gesto motorio che possiamo definire corsa.
È errato infatti il pensiero comune secondo cui ognuno ha una sua corsa e che vada bene così.
Certamente esiste un certo livello di personalizzazione nella corsa di ognuno, ma è vero che questa deve rispettare comunque alcuni parametri che sono comuni a tutti, a tutti gli esseri umani almeno!
Essendo infatti la corsa un gesto caratteristico della nostra specie, esiste un modo più efficiente di eseguire questo movimento, esiste quindi una tecnica di corsa corretta che ottimizza l’uso corretto delle diverse strutture del nostro corpo.
Questa tecnica chiaramente può essere sviluppata e mantenuta se cresciamo idealmente in modo naturale o comunque in un ambiente/habitat che premia e incoraggia il movimento naturale e la corsa, ma viene inevitabilmente persa nel momento in cui l’habitat in cui cresciamo ci porta ad assumere abitudini e condizionamenti contrari allo sviluppo di un corpo adatto a correre.

In questo caso il nostro corpo, oltre ad aver perso anche i necessari adattamenti a livello di muscoli, tendini, articolazioni, etc. ha perso anche la capacità di correre a livello del “software”, ossia non siamo più in grado di coordinarci per eseguire il corretto gesto tecnico.
Questo è facilmente visibile se ci rechiamo, per esempio, al parco la domenica mattina o assistiamo a una gara di podismo.
Noteremo runner con tecniche di corsa estremamente differenti tra loro, ne vedremo davvero di tutte le forme e ci renderemo conto, se osserviamo con attenzione (o meglio se abbiamo un occhio allenato), che davvero pochi di loro sono efficienti.
Al contrario, la maggior parte manca della necessaria elasticità, fluidità, forza e anche estetica di una corsa corretta (sì, l’estetica è un particolare da non trascurare, un essere umano che corre bene è anche bello da vedere).
In poche parole nella loro corsa non c’è un’applicazione ottimale di quelli che ritengo essere i quattro fondamentali pilastri della tecnica di corsa: postura, ritmo, relax e appoggio del piede.
Se uno o più di questi pilastri non è presente nella nostra corsa (o è presente ma applicato in modo errato) non solo la nostra tecnica non potrà essere definita corretta, ma correre non ci porterà i benefici che questa attività dovrebbe donarci.
Se infatti una corsa di un’ora potrebbe rigenerarci, combattere lo stress, aiutarci a liberare la testa dalle preoccupazioni, darci nuovo vigore e farci sentire meglio, la stessa corsa se fatta con una postura sbagliata, a una cadenza troppo bassa o con un corpo teso e non rilassato, può danneggiare i nostri tendini e articolazioni (o altre strutture) accumulando stress che poi nel corso dei mesi o degli anni possono sfociare in infortuni anche cronici.
È evidente dunque come queste due cause degli infortuni nella corsa non siano solo molto diffuse ma siano anche tra essere strettamente correlate.
A nulla infatti varrà aver appreso la tecnica corretta se poi non avremo un corpo in grado di sostenerla, e allo stesso modo a nulla vale lavorare per ristrutturare un corpo da essere umano naturale se poi non abbiamo la corretta tecnica di corsa per sfruttarlo al meglio.